We are such stuff as dreams are made on, and our little life is rounded with a sleep.
Ne la Tempesta si racconta la storia di Prospero duca di Milano che, perso il governo di Milano per un intrigo del fratello Antonio, naufraga su un’isola misteriosa insieme a sua figlia Miranda.
Grazie alla sua conoscenza delle arti magiche Prospero diventa padrone dell’isola, controllandone le intemperie e prendendo come servitori Ariel, spirito dell’aria, e Caliban, mostruosa creatura figlio di una strega.
Ne la Tempesta si racconta la storia di Prospero duca di Milano che, perso il governo di Milano per un intrigo del fratello Antonio, naufraga su un’isola misteriosa insieme a sua figlia Miranda.
Grazie alla sua conoscenza delle arti magiche Prospero diventa padrone dell’isola, controllandone le intemperie e prendendo come servitori Ariel, spirito dell’aria, e Caliban, mostruosa creatura figlio di una strega.
Un giorno, anni dopo il loro approdo, a largo dell’isola passa un vascello con a bordo proprio il fratello di Prospero, Antonio, insieme al re di Napoli anche lui complice dell’intrigo per spodestarlo.
È l’occasione propizia per il mago per vendicarsi del torto subito e riprendersi il ducato di Milano. Scatena così una terribile tempesta che scaraventa tutto l’equipaggio sull’isola. Una volta che i naufraghi sono a riva, il mago manda il suo fidato Ariel a compiere il suo piano e a guidarli.
Così il giovane Ferdinand, erede al trono del regno di Napoli, inseguendo la voce di Ariel incontra Miranda e se ne innamora. Mentre il perfido Antonio, che trama di uccidere il re di Napoli per impossessarsi perfino del suo regno, viene spaventato a tal punto da confessare le sue malefatte.
Prospero, con l’aiuto del fido Ariel scioglie tutti i nodi, propizia le nozze tra Miranda e Ferdinand, perdona il re di Napoli e infine abbandona per sempre la magia per tornare al suo ducato.
La tempesta è simbolicamente una descrizione dell’effimerità dell’esistenza. Prospero ci parla degli uomini “fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”. Assistiamo ad una rappresentazione nella rappresentazione e Shakespeare ci suggerisce che la nostra stessa vita in fondo non sia altro che una rappresentazione. Che sia su un’isola deserta o in un teatro oppure in una grande e popolosa metropoli la nostra vita è un sogno e coltiviamo l’illusione di poterla dominare.
Questo tema è estremamente contemporaneo se si considera la labilità della realtà in cui viviamo, il continuo cambiamento, le immagini rapide e incontrollabili, la facilità svago e distrazione. Ma per Shakespeare alla fine dell’opera è la vita stessa a riprendere il sopravvento, non c’è nulla di più umano, tenero e vitale del matrimonio di Miranda e Ferdinand e lo stesso Prospero, liberato Ariel e abbandonata la magia, ci ricorda di rivolgere lo sguardo all’amore e all’umanità.
Cercare di favorire l’incremento delle abilità linguistiche dei ragazzi attraverso la fruizione dei testi shakespeariani nella loro versione originale potrebbe, a prima vista, sembrare più complicato che attraverso la didattica tradizionale. L’inglese di Shakespeare è ostile, sulla carta quasi incomprensibile, ma una volta intonato a voce alta acquisisce quella poesia che nero su bianco sfugge, quella musica che parla direttamente a un mondo emotivo.
La scelta stilistica, quindi, è stata di conservarne il più possibile i versi, principalmente quelli di Prospero nella loro immortalità e invece giocare ed alleggerire i dialoghi traducendoli in un inglese più contemporaneo e comprensibile.
Un’appropriazione del testo che smonta la sua “sacralità” attraverso gli strumenti del linguaggio teatrale e i riferimenti al patrimonio critico e ironico specificatamente giovanile.
La musicalità, la metrica, la scelta del registro linguistico di Shakespeare è ancora poco conosciuta in Italia. Questo lavoro mira ad avvicinare i ragazzi a queste sonorità, a non aver paura di quell’inglese antico che sulla carta pare oscuro, difficile, ma che recitato ad alta voce diventa coinvolgente e poetico, a volte comico.
L’adattamento è snello, per pochi attori che cambiano ruolo a vista, Prospero ne è il narratore, così come nell’originale è lui a muovere i fili dei personaggi.
Si è cercato qui di semplificare la scena il più possibile lasciando pochi elementi simbolici d’effetto : una barca, un’isola, un libro di incantesimi. Tutto questo per sottolineare il connubio tra la narrazione e la pratica teatrale in quanto tale ma soprattutto per stabilire un contatto tra attori e pubblico, una vicinanza tra ciò che “appare” e viene agito sulla scena e l’occhio dei ragazzi. La Tempesta, la rappresentazione a cui noi assistiamo contiene e si identifica con un’altra rappresentazione teatrale, che è quella messa in scena da Prospero. Il teatro shakespeariano è quindi letto come gioco e mascheramento consapevole, ma anche come rituale di crescita e formazione. Svelare il trucco attoriale, rendere il pubblico partecipe dell’atto creativo e farlo in maniera ritmata, veloce, ironica ci sembrava l’unico modo possibile di avvicinare i ragazzi al complesso universo della Tempesta.
La magia di Prospero diventa qui la magia della scena, le sue ombre le ombre delle luci, i travestimenti, i cambi di ruolo, il gioco ironico e il continuo rimando al pubblico sottolineano l’atto creativo del teatro, quello della penna di Shakespeare che dal nulla crea una tempesta, quello degli attori che con il solo corpo e la sola voce trasportano gli spettatori in un’altra epoca, passata e magica al contempo.
L’ironia, l’uso di un apparentemente incosciente alleggerimento non devono far pensare a un “tradimento” del testo volto a facilitarne la fruizione. Ciò che ci sta a cuore è la comunicazione con i ragazzi ma ciò che stava a cuore a Shakespeare era la comunicazione con il suo pubblico, gli obiettivi, ancora una volta, coincidono con naturalezza.
Con
Cristina Massaro
Stefano Carannante
Roberta Geremicca
Roberto Matteo Giordano
Costumi
Rosario Martone
Scene
Giovanni Luigi Frattini
Erika Pisano
Riscrittura e regia
Victoria De Campora